Recensione a cura di Fausto Gori per Mescalina.it
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In quello sguardo di penombra raffigurato nella copertina di PassWords c’è la positività, la fierezza e la convinzione nei propri mezzi di chi presenta un disco d’esordio realizzato dopo quattro anni di lavoro nel proprio Eagle Eye Studio, anticipato da alcuni singoli, formato da pezzi inediti cantati, strumentali e una cover. E’ lo sguardo di Marco Maggiore; batterista varesino (allievo di Tullio De Piscopo), produttore, cantante, che al suo debutto discografico ha già le “parole chiave” per riassumere un disco profumato di reale passione e ambizione. Quindi, non sorprendono poi troppo le sue collaborazioni con Eumir Deodato di qualche anno fa e quella attuale con il famoso bassista (Hyperbass) fusion-sperimentale americano Michael Manring.
Tra sonorità world, elettronica e cantautorato, i ritmi variabili della bella apertura di Falling Down On me riportano alla mente in modo evidente le fantasie percussive, il mondo musicale, e soprattutto vocale di Peter Gabriel, ma anche quello, in parte, del Phil Collins solista. Il basso elettrico guida le sonorità electro-pop alternative nel ballabile Little Boy mentre Shining Boy sembra semplicemente un pezzo minore uscito da una matrice “gabrieliana” che, nella complessiva godibilità dell’album, aleggia frequentemente.
I percorsi riflessivi ed emotivi che avvolgono When My Love is Safe (con l’apporto di Michael Manring) vengono espressi sia in italiano che in inglese, il ricercato tappeto sonoro, carezzato da una melodia non scontata, è percorso da imperiose ritmiche e distorsioni chitarristiche, mentre la cover dai ritmi prog di Pink Moon ribalta completamente la sobria versione di Drake, tra feedback, percussioni in evidenza e sonorità elettroniche.
Le atmosfere alla “Weather Report “di metà anni settanta, caratterizzate da una fusion a base di funk-rock-jazz e synth, permeano la brillante Elevation, mentre le evoluzioni percussive, rullanti ed atmosferiche della splendida Starship Groover incantano per i notevoli equilibri sonori e musicali. Due strumentali creativi e convincenti, con intuizioni di indubbia qualità. Il pezzo finale anch’esso strumentale, Rising Sun, pur nella sua gradevolezza, crea quasi imbarazzo per le affinità stilistiche, sonore, strumentali e melodiche con il Phil Collins di fine anni ottanta, ovvero quello di But Seriously. Onestamente, un pezzo forse evitabile.
Marco Maggiore mostra delle doti tecnico-musicali-compositive certo non comuni, resta tuttavia l’impressione che, alle evidenti potenzialità (solo in parte espresse), potrebbero giovare espressioni vocali e musicali più definite, personali e libere da influenze che, in questo caso, pur nella loro nobile accezione, hanno più “limitato” che arricchito. Oggi l’autore di PassWords ci ha fatto vedere da dove viene e quali strumenti possiede, domani, magari liberando il suo sguardo dalla penombra, ci auguriamo faccia vedere meglio chi è.